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Il fengshui in biblioteca?

 

Dedicato a un bibliotecario e un architetto, il bel libro di Antonella Agnoli Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà (Laterza 2009, 172 pp, € 18) non ha niente a che vedere col fengshui , ma ha molto a che fare con quella visione integrata, dinamica, armonica, che pure ne è alla base. Dal titolo, si potrebbe credere che si tratti solo di un libro sulle biblioteche. Potrebbe anche essere (e già sarebbe sufficiente per farne un testo originale e interessante), ma non è così: questo libro ci racconta di un modo innovativo di vedere i libri e la cultura attraverso un riqualificazione degli spazi pubblici e dei rapporti fra le persone, le arti, i mestieri, le discipline. Le quattro parole del titolo – piazze, sapere, biblioteche, libertà – recuperano il loro valore più autentico e si fondono insieme in un progetto che riguarda non solo l'ambito culturale o l'arredo urbano, ma più in generale il benessere dell'individuo e della comunità.

  Per questo motivo Le piazze del sapere non parla solo di libri ma di “ecosistema culturale” (p. 63); non si esprime in termini di “posti a sedere” ma di panchine, fontane e piazze coperte; ed elogia luoghi e forme particolarmente felici – dall' “ovale” di piazza Navona ai morbidi divani delle biblioteche di Amsterdam, dai caffè alle “isole di poltroncine”.

  Per Agnoli, la biblioteca deve essere soprattutto un luogo di comfort, dialogo e integrazione, dove nessuno deve poter provare la sensazione di essere “fuori posto” o in un ambiente che “non fa per lui/lei” (pp. 24-25); deve essere luogo di scambio e di incontri, passage e non luogo chiuso, e gli spazi devono poter essere facilmente riconfigurati a seconda degli eventi che la biblioteca si troverà a ospitare. Così come il vecchio “bancone” andrà destrutturato per apparire non una struttura di sorveglianza, bensì un luogo di accoglienza.

  La biblioteca deve essere un luogo “dove ci si sente bene”, dove “ci sentiamo a nostro agio”, dove ciascuno può “girare senza essere disturbato” (p. 117), dove trovare la “sedia giusta” renda possibile “sentirsi bene, sentirsi a casa” (p. 125). Agnoli ricorre giustamente a una disciplina particolare, la prossemica, per far capire le ragioni del nostro comportamento nello spazio pubblico e interpersonale, e utilizza metafore illuminanti per spiegare il ruolo ideale del/la bibliotecario/a, sorta di “personal trainer” culturale.

  Riallacciandosi agli studi di Sennett, Benjamin, La Cecla e molti altri nomi illustri, l'autrice coniuga luoghi e cultura, cittadino e flaneur , interni ed esterni, sociologia e architettura, e con questo libro va in una direzione che chiunque ami il fengshui non può non condividere. Linee curve piuttosto che diritte, spazi dialoganti piuttosto che banconi alti e minacciosi, atri luminosi e spaziosi piuttosto che passaggi soffocanti, il tutto unito a una progettazione e a una fruizione degli spazi dinamica, mobile, intercambiabile… il che va esattamente nella nostra stessa direzione.

  Sarebbe interessante a questo punto sviluppare le idee e i progetti illustrati nel libro collocandoli in una prospettiva che comprenda le indicazioni del fengshui ; penso soprattutto all'illuminazione, ai colori, all'equilibrio tra elementi, forme e volumi. Finestre e fontane, scaffali e poltrone, materiali e cartelli segnaletici offrono la possibilità reale di raccogliere una sfida intelligente e costruttiva. Siamo pronti a metterci in gioco? (a.c.)

 

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