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. Un apocrifo ecologico
Il 27 aprile 2009 si è tenuta a Bologna, presso L'Associazione culturale Club di Fantomas, una lettura del testo teatrale L'oblio di Achab , psicodramma a due voci di Giorgio Celli qui riproposto (a distanza di oltre trent'anni) da Claudio Beghelli e Giorgio Celli e accompagnamento di suoni e musiche di Matteo Cincopan. Si tratta di un atto unico che fu trasmesso alla radio nel 1978 (una delle voci era quella di Gastone Moschini), dunque nel periodo delle prime lotte ecologiche che avrebbero visto Celli impegnarsi in prima persona (con Legambiente e come parlamentare europeo). L'autore si cimenta in questo pezzo in un'originale rilettura in chiave ecologico-psicanalitica di uno dei più famosi romanzi della narrativa americana: Moby Dick di Herman Melville. In particolare, Celli immagina una surreale seduta psicoanalitica nella quale il Capitano Achab - morto nel corso del drammatico duello finale con la balena bianca - prende il posto del paziente: sembra aver perso la memoria, e implora il medico di aiutarlo a ritrovare la propria identità. Comincia così un dialogo concitato al termine del quale egli ricorda finalmente cosa accadde dopo l'ultima pagina del libro. Celli scrive, quindi, un ‘secondo finale' - un'ultima scena, apocrifa, del romanzo - dove la balena parla ad Achab, chiamandolo per nome, con voce d'uomo. E gli chiede perché l'abbia uccisa, spiegandogli che così facendo ha ucciso non solo lei ma tutti i bisonti, gli uccelli, gli orsi polari, i lupi della steppa… e conclude imputandogli la deforestazione amazzonica, le radiazioni nucleari, le trivellazioni petrolifere, fino ad arrivare ai danni provocati dal napalm e dagli antibiotici. Si evince da questo testo appassionato che per Celli da oltre trent'anni civiltà e genocidio sono sinonimi, e che l'ecologia è un grande rito espiatorio che il genere umano deve celebrare non solo per redimersi, ma per continuare a vivere. Emblema di tutte le vittime passate e future, la balena si fa totem di un'umanità perduta e assassina che davanti ai propri delitti spesso sceglie di rifugiarsi nella perdita della memoria. Se è vero, però, che “il passato è un mosaico di eventi che mutano nel tempo”, Celli ci ricorda che non possiamo rifugiarci nell'oblio, ma dobbiamo affrontare le nostre responsabilità: è nel presente che possiamo - e dobbiamo - agire. (a.c.)
(per informazioni o per iscriversi al Club di Fantomas: paolo.radeghieri@unibo.it oppure 329/3231640)
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